UNA MELA AL GIORNO TOGLIE IL MEDICO DI TORNO… e UN’OSSERVAZIONE PSICOMOTORIA?
IL RUOLO SOTTOVALUTATO della PSICOMOTRICITÀ nella PREVENZIONE
La salute è “lo stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplicemente l’assenza di malattia o infermità”, queste sono le parole con cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nella sua costituzione definisce il concetto di salute, ponendolo come obiettivo primario alla base della sua organizzazione. Da tale definizione, in ambito sanitario, deriva che la prevenzione viene considerata ciascun atto volto all’attivazione e al mantenimento della salute attraverso interventi individuali e collettivi sulla popolazione.
L’azione preventiva si esplica su vari livelli: primario, agisce su tutta la popolazione con l’obiettivo di evitare e ridurre l’insorgenza e lo sviluppo di una malattia; secondario, permette di intervenire precocemente sulla malattia stessa senza evitare o ridurne la comparsa; terziario, interviene in tempo sulle complicanze o recidive della malattia. In tale accezione la prevenzione si avvicina maggiormente all’ambito socio-educativo, richiedendo quindi l’utilizzo di un modello multidisciplinare, che non tenga conto solo della malattia del soggetto, ma ne valuti tutta la sua complessità e globalità: che consideri quindi l’individuo come unità psicosomatica, pur riconoscendone le aree di funzionalità sottostanti, ma vedendole correlate strettamente le une alle altre e quindi dipendenti.
È in tale ottica che prende piede e trova il suo centro la cultura psicomotoria; cultura che pone come cardine del suo intervento la considerazione dell’individuo, e quindi del bambino, come unità psicosomatica; arrivando così a sviluppare al suo interno un modello di prevenzione fondato sulla globalità della persona e sulle sue modalità di espressione.
La psicomotricità pone al centro della sua disciplina la considerazione globale del soggetto: il gioco, il movimento e il corpo (non considerato solo in relazione alla sua funzionalità e/o disfunzionalità); tutto ciò si traduce nell’ottica preventiva, in uno sguardo vigile alle carenze e alle “patologie” che si sviluppano all’interno dell’equilibrio tra gli elementi che caratterizzano il gioco stesso: il gioco che non evolve, il gioco che non si controlla, il movimento eccessivo o l’inibizione del movimento nella realizzazione del gioco, le difficoltà di simbolizzazione e nel darsi o distanziarsi dall’altro.
Gli orientamenti e i contesti all’interno dei quali opera la pratica psicomotoria sono vari: riabilitativo, terapeutico, educativo, formativo, ma un ambito di grande importanza risulta, quindi, proprio quello preventivo. Tale ambito, anche se attualmente in costante crescita, viene spesso offuscato in funzione degli altri orientamenti e rischia di occupare un ruolo secondario che non gli spetta.
La prevenzione psicomotoria si avvale di tutti gli elementi cardini della sua cultura di appartenenza e trova il suo strumento di elezione nell’osservazione: processo complesso e articolato che si dipana all’interno di tutti gli interventi; dalla presa in carico del soggetto alla realizzazione e verifica dell’intervento stesso. L’osservazione psicomotoria, si discosta dal modello medico tradizionale, mettendoci in contatto con l’adattamento globale del bambino: la considerazione del gioco libero che si sviluppa all’interno di un setting ricco di elementi strutturati e non strutturati, in cui nulla è lasciato al caso, ci permette di acquisire importanti informazioni sull’armonia dello sviluppo del bambino: ci fa vedere i punti di equilibrio, di rottura e di disequilibrio di un processo che si palesa perfettamente all’interno del gioco spontaneo, attraverso l’uso del corpo e del movimento. Ogni acquisizione del bambino per essere feconda deve passare attraverso l’uso del corpo.
È il bambino stesso che attraverso il gioco ci svela la sua evoluzione; se è armonica o meno oppure se ci sono disequilibri e “intoppi” che possono ostacolare tale armonia: gli oggetti che sceglie, la loro modalità di utilizzo, la capacità di variare attività e schemi, il suo modo di investire nello spazio attraverso il movimento globale e settoriale, la sua capacità attentiva e il suo modo di relazionarsi con l’altro da sé, fatto di oggetti e di persone, ci forniscono segnali concreti sulla consonanza dello sviluppo infantile; permettendoci di rilevare semplici disequilibri nello sviluppo o segnali di vere e proprie patologie.
È attraverso l’osservazione psicomotoria che si potrà quindi valutare: la motricità, l’adattamento, la modalità di gioco prevalente, l’attaccamento, le competenze sociali e comunicative, l’espressività corporea e le caratteristiche emotivo-comportamentali. È poi attraverso l’intervento dello psicomotricista, con competenze differenti a seconda della sua professione e dell’orientamento della pratica, che si mirerà a ripristinare, quando possibile, o a riarmonizzare l’equilibrio tra gli elementi strutturali del gioco, attivando così la funzione preventiva, a tutti i suoi livelli, insita e radicata nell’intervento psicomotorio stesso.
La psicomotricità, per le sue caratteristiche, si armonizza perciò perfettamente con tutti e tre i livelli dell’azione preventiva: a livello primario, promuovendo il gioco come veicolo di crescita, favorisce su larga scala lo sviluppo armonico nell’età evolutiva; a livello secondario, permette di intervenire precocemente sui disturbi, attraverso un’attenta osservazione psicomotoria nel bambino, permettendo un intervento precoce e quindi una prognosi migliore; infine ha un ruolo fondamentale anche nella prevenzione terziaria, effettuando un’osservazione continua sul soggetto con patologia, permette di strutturare strategie idonee a evitare la comparsa di complicanze legate al disturbo stesso, incrementando “lo stato di benessere fisico, psichico e sociale” in cui l’OMS identifica lo stato di salute.
Dott.ssa Francesca Catini - Psicologa, Esperta in Psicomotricità